Portafoglio azionario di lungo periodo: i pro e i contro
Le azioni, i movimenti del mercato e le fluttuazioni borsistiche non sono mai state l’aspetto che amo di questo mondo(se non a livello pratico).
Questo perché sono sempre stato profondamente attratto dalle società in senso più ampio, l’effettiva produzione di beni e servizi, la crescita in un determinato settore di mercato o la capacità di un’azienda di diventare leader di un settore.
La borsa spesso, è tanto altro: euforia, movimenti improvvisi dei prezzi ecc ecc
I mercati possono dimenticarsi del valore di una società per un periodo estremamente lungo, concentrarsi solo a livello speculativo su di essi, trattando le società solo come titoli e non come aziende che producono qualcosa di reale.
Questa introduzione è utile a spiegare che se si vuole creare un proprio portafoglio azionario con un orizzonte di lungo periodo, si deve affrontare tutto quello sopra riportato.
Nella mia esperienza ormai di lunga data, questo sarà il primo anno (molto probabilmente) con una variazione negativa tecnica del portafoglio. Nel senso che ho portato a casa un’entrata netta ma la variazione attuale delle società che ho in portafoglio è negativa, portando così la mia performance da inizio anno in territorio negativo.
A 5 anni la performance è ancora superiore al 90% ma quest’anno, 2 delle società che ho scelto hanno subito cali molto ingenti, circa il 60% dai loro massimi. Una cifra identica a quella che avevano subito durante la crisi dei sub-prime nel 2008. A mio avviso esagerata, motivo per cui ho acquistato parecchie quote, soprattutto della tedesca Krones (qui degli articoli in merito), una società che studio da tantissimi anni e di cui ho parlato nel mio Ebook (visibile qua).
Una situazione di questo tipo l’avevo già messa in conto quando ho deciso di intraprendere questa strada: la creazione e la gestione di un portafoglio azionario di lungo periodo.
E’ quindi effettivamente possibile creare un portafoglio azionario di lungo periodo?
A mio avviso si, ma si deve essere pronti alle difficoltà e alle soddisfazioni (si anche gestire un’ottima performance è complesso), si deve lottare, persistere, studiare e non crollare emotivamente.
“Il più grande nemico dell’investitore è se stesso” riportava Benjiamin Graham. Mai frase fu più azzeccata, se non si ha il controllo sulla propria persona, non si possono effettuare investimenti.
I pro e i contro
I contro
Il più grande “contro” di questa strategia è il rischio, un aumento del rischio notevole in quanto si va ad investire in un numero limitato di società e spesso e volentieri in momenti in cui quest’ultime sono in difficoltà. La volatilità aumenta in maniera vertiginosa, poiché minor titoli vuol dire(nella maggior parte dei casi) maggior volatilità.
Un aumento della volatilità aumenta in automatico anche il livello di stress causato dalla gestione del portafoglio. Ansia, paura, euforia sono emozioni all’ordine del giorno, emozioni che sono meno presenti in caso di gestioni diverse. Ed è per questo che una grande capacità gestionale è fondamentale in questo tipo di portafoglio.
Ultimo grande contro, è la possibilità di erodere quote di capitale, in quanto è possibile l’errore su un singolo titolo o su un singolo settore (il margine di sicurezza minimo è fondamentale in questo caso).
I pro
Il minor numero di società in portafoglio aumenta la conoscenza su quest’ultime, diventa essenziale capire ogni singolo particolare e ogni singola componente del business poiché dal futuro di poche aziende dipende il nostro rendimento. Sul lungo periodo se le nostre scelte sono adeguate il rendimento potrebbe essere significativamente superiore a quello del mercato nel suo complesso.
Un altro aspetto fondamentale è una maggiore comprensione di quello che si sta facendo e dove si sta investendo. Un ETF è meno rischioso di un portafoglio ristretto di titoli, ma nessuno riesce ad analizzare tutte le società che fanno parte di un determinato ETF.
Su un orizzonte temporale abbastanza lungo (minimo 10 anni) il rischio azionario diminuisce in maniera consistente, dandoci un ulteriore punto a favore della strategia: acquista buone azioni, reinvesti i dividendi e aspetta.
Ultimo punto che vi riporto, non per importanza, è l’incasso delle cedole e la loro crescita nel tempo: Se la società su cui si ha investito riesce ad aumentare gli utili nel tempo, è molto probabile che anche la cedola incassata cresca insieme a questi. Un rendimento del 3,5% all’anno potrebbe trasformarsi in un 6-7% (numeri lordi) dopo un periodo di tempo abbastanza lungo. Il reinvestimento del dividendo porta in automatico al famoso concetto di interesse composto. Ogni anno il capitale ottenuto dai dividendi si aggiunge a quello di partenza, sul lungo periodo questa strategia da risultati molto positivi.
Dopo alcune esperienze come consulente fin. abilitato all’off, fuori sede il mio passaggio all’albo degli autonomi è imminente. Per ora sto lavorando con delle consulenza generiche e ho creato decine di portafogli azionari standard e li seguo e li monitoro costantemente. Se sei interessato, anche solo per capire qualcosa in più, contattami pure sulla mia mail andrea.troiani971@gmail.com
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